…eretico scandaloso infame…
L’Esimio Filantropo Giacomo Grataroli…“ eretico scandaloso e infame…”
Un busto collocato all’ingresso dell’università ai Basilea testimonia ancora oggi della fama e della considerazione in cui era tenuto in terra elvetica il medico e scienziato di origini brembane Guglielmo Grataroli.
La sua terra, San Giovanni Bianco, ricordandosi di lui piuttosto tardivamente, gli ha dedicato la via che corre in fregio al Brembo, ricalcando il tracciato dell’antica strada Priula. Più di recente il professor Tarcisio Sai vetri, nella sua storia di San Giovanni Bianco, ne ha ricostruito la vicenda terrena ponendo in chiara luce le sue doti non comuni di uomo di cultura.
Nato a Bergamo nel 1516, Guglielmo apparteneva alla potente famiglia dei Grataroli di Oneta, proprietari, tra l’altro, dell’elegante edificio quattrocentesco oggi noto come “casa di Arlecchino”.
Una famiglia tra le più antiche del paese, che aveva costruito la propria fortuna con il commercio dei tessuti di lana e si era arricchita a tal punto da divenire proprietaria di quasi tutta la contrada di Oneta e dei vasti terreni circostanti.
La stessa chiesetta della piccola località, posta sulla “via mercatorum” era di juspatronato dei Grataroli che la consideravano un bene personale.
La struttura architettonica dell’abitazione principale, la cura dei particolari costruttivi, le non comuni dimensioni dei saloni interni, il pregio degli affreschi che ne adornavano le pareti, testimoniano dell’elevato livello di benessere di questa famiglia che nel corso degli anni aveva intrecciato contatti sempre più intensi con Bergamo e Venezia.
Gli affreschi, in particolare, meritano un’annotazione. Raffigurano soggetti di carattere sacro e profano e oggi sono conservati nella sagrestia e nella canonica di San Giovanni Bianco.
Notevole, per ampiezza e valore artistico, è la scena di un torneo cavalleresco che vuole essere l’allegoria dell’eroe pagano personificato da Achille e di quello cristiano, Tristano, colti nel momento culminante del duello. Il vincitore è, manco a dirlo, il buon Tristano che veste i panni di un Grataroli, come è ben evidenziato dallo stemma della “gratarola” (grattugia) effigiato sul ricco paludamento del suo cavallo.
Affreschi raffinati per forma e contenuto, a riprova del livello culturale dei committenti che annoverano tra i loro esponenti, assieme agli uomini d’affari, diversi sacerdoti, medici, notai e appunto il medico e scienziato Guglielmo, che può essere collocato tra le personalità più illustri della cultura europea del Cinquecento, ma che in Italia venne perseguitato per le sue idee vicine all’eresia protestante. I primi contatti con le dottrine luterana e calvinista che si stavano diffondendo in quegli anni in Europa, Guglielmo li ebbe durante gli studi universitari a Padova, conclusisi con la laurea in medicina. In seguito il neo dottore, dedicandosi alla professione prima a Milano e poi a Bergamo, non perse occasione per manifestare più volte pubblicamente, a parole e per iscritto, le sue idee non in sintonia con la dottrina ufficiale in materia di fede, per cui fu chiamato ripetutamente a chiarire la sua posizione davanti ai tribunali ecclesiastici delle due città.
Ma le esternazioni poco ortodosse del Grataroli non cessarono e così nei suoi confronti intervenne addirittura il vescovo di Bergamo Vittore Soranzo che, dopo averlo una prima volta ammonito affinché tornasse sulla retta via, nel 1550 fu costretto a intimargli formalmente di presentarsi davanti all’autorità canonica per ritrattare in forma ufficiale le sue affermazioni, contrarie alla dottrina della Chiesa, ormai di dominio pubblico.
Le posizioni del Grataroli in materia di fede erano in buona parte originali e autonome, anche se diverse erano le analogie con la dottrina luterana e calvinista. Egli negava l’autorità del papa e della Chiesa, non dava valore alle indulgenze e alle buone opere, non credeva nell’esistenza del Purgatorio e quindi riteneva inutili le preghiere in suffragio dei defunti, inoltre negava la presenza del corpo di Cristo nell’ostia consacrata.
Ce n’era d’avanzo per garantirgli il rogo e nemmeno una sincera ritrattazione di tutte le sue eresie gli avrebbe risparmiato un severo castigo.
Per questo il Grataroli si guardò bene dal presentarsi, ma riparò a Tirano, in Valtellina, allora sotto i Grigioni, dove le idee protestanti erano generalmente accettate.
A Bergamo il tribunale ecclesiastico, dopo aver atteso invano la comparizione dell’imputato, lo giudicò in contumacia e il 23 gennaio 1551 pronunciò la sentenza, dichiarando Guglielmo Grataroli eretico “ostinato, recidivo, scandaloso e infame… una vera peste contro la fede”, condannandolo al bando perpetuo dal distretto di Bergamo, pena la decapitazione e il rogo se fosse stato catturato, e imponendo sulla sua testa una taglia di cinquecento lire.
Inutile dire che la giustizia civile confermò la condanna, aggiungendo di proprio la confisca di tutti i suoi beni e di quelli della moglie.
Iniziò da quel momento per Guglielmo Grataroli il lungo periodo dell’esilio, durato fino alla morte, avvenuta nel 1568. Perseguitato in patria, trovò ospitalità e onori a Basilea, dove ottenne la cattedra di medicina all’università di quella città, segnalandosi in particolare per la teoria fisiognomica che sarebbe stata poi ampiamente sviluppata dal Lombroso.
Il suo successo personale si completò con un’intensa attività editoriale che gli consentì di divulgare i fondamenti delle sue conoscenze in diversi campi della medicina, della filosofia e della scienza in generale. Tra le decine di opere pubblicate in quegli anni, ve ne sono alcune che meritano attenzione ancora oggi per l’attualità dei temi trattati. E’ il caso del saggio sul potenziamento e il mantenimento della memoria (De memoria reparanda, augenda servandaque), di quello sulla difesa della salute (De salute tuen-da) e di quello che illustra le norme di comportamento dell’accorto viaggiatore (Regimen omnium iter agentium).
Quest’ultima opera contiene alcune osservazioni che risultano ancora valide anche per i turisti di oggi: non mettere troppo in mostra il proprio denaro, fare attenzione ai lestofanti, non fidarsi del primo venuto, non perdere di vista il proprio bagaglio, non raccogliere le provocazioni, non eccedere nelle libagioni, adattarsi di buon grado alle usanze dei paesi che si visitano e tanti altri consigli, frutto della personale esperienza dell’autore, avvezzo a viaggiare lungo gli itinerari non troppo sicuri della sua epoca. I contenuti delle sue opere e la propensione verso la ricerca e il progresso fanno di Guglielmo Grataroli uno spirito rinascimentale, un uomo moderno, in grado di valutare la realtà alla luce del proprio arbitrio. Un uomo che in fatto di fede e di religione preferì seguire la propria coscienza piuttosto che piegarsi alle direttive della gerarchia.
Tratto da …Storie del Brembo – Tarcisio Bottani – Wanda Taufer- Ferrari Editrice